III Domenica di Quaresima (A)

La Parola
Commento di Cettina Militello
Vita Pastorale (n. 2/2017)



ANNO A - 19 marzo 2017
III Domenica di Quaresima

Es 17,3-7
Rm 5,1-2.5-8
Gv 4,5-42
(Visualizza i brani delle Letture)


L'ACQUA ESPRIME ANCHE
LA SETE DEL CREDENTE

Le domeniche di Quaresima dell'anno A, a partire dalla terza, hanno un andamento esemplare. Al vangelo di Matteo si sostituisce quello di Giovanni in un crescendo chiaramente iniziatico. Per questa ragione ai catecumeni e alla comunità che li accompagna nel cammino vengono proposte delle iconi, indicative dell'iniziazione cristiana e significative di acqua, luce e vita. Questa III domenica è nel segno dell'acqua che Gesù chiede alla samaritana e poi offre a lei, ribaltando la domanda iniziale. La IV è nel segno dell'aprirsi degli occhi del cieco nato, il quale appunto sarà illuminato, al pari del neofita, dalla luce di Cristo. La V ci mette dinanzi alla risurrezione di Lazzaro operata da colui che Marta confessa essere il Cristo, il Figlio di Dio. Rimettere al centro l'iniziazione cristiana, lasciarsi guidare nella sua intelligenza dalla parola di Dio è momento importante del percorso quaresimale. La conversione a cui siamo chiamati è appunto quella del ritornare indietro, di far memoria, purificandola, della grazia che ci è stata elargita e che troppo spesso abbiamo disattesa.
Il tema dell'acqua attraversa la lettura veterotestamentaria e poi la lettura evangelica e, in mezzo, il "riversarsi dell'amore" nella lettura apostolica ancora insiste su questa metafora vitale. L'episodio veterotestamentario è quello della ribellione di Massa e Meriba, del popolo che, nel deserto, soffre per la mancanza d'acqua. L'intervento di Dio la fa sgorgare dalla roccia che Mosè percuote. La sete si sazia ma resta nel nome dato al luogo l'eco della contesa tra Dio e il suo popolo.

Il testo apostolico, tratto dalla Lettera ai Romani, è nel segno della gioia, del rendimento di grazie. L'amore di Dio è stato riversato nel cuore dei credenti dallo Spirito Santo loro donato. La sinergia dell'acqua e dello Spirito ci riportano dunque all'iniziazione, al lavacro battesimale e allo Spirito che trasfigura l'acqua e la rende salvifica, essa stessa metafora della morte di Cristo di cui il battesimo ci rende partecipi per farci risorgere a nuova vita. L'amore di Dio, dice Paolo, si dimostra nel fatto che Cristo è morto per noi mentre eravamo ancora peccatori. Dunque un inno di gioia alla salvezza acquisita e all'attore suo primo: l'amore di Dio per Cristo nello Spirito. La pericope evangelica è lunga e complessa. La riflessione delle donne ha lungamente accostato questa figura femminile, vera cartina di tornasole nel rapportarsi di Gesù con loro. Con lei, i cui costumi non sono ottimali e che, in aggiunta, è samaritana perciò considerata dai Giudei scismatica ed eretica, Gesù sviluppa un dialogo stringente nel quale la valenza simbolica dell'acqua s'intreccia al tema del nuovo culto in spirito e verità.
Diretto verso la Galilea, Gesù sceglie per raggiungerla di attraversare la Samaria. Qui, presso la città di Sicar, al pozzo di Giacobbe, mentre i discepoli si sono allontanati in cerca di cibo, incontra questa donna. Per importante che sia l'articolazione del brano nelle sue "scene", ci interessa mettere a fuoco l'incontro. Al pozzo ci si incrocia tra uomini e donne nel bisogno primario di dissetare sé stessi e le proprie mandrie. Ritroviamo lo stereotipo più volte nella Scrittura. L'ora non è la più congrua, non per la donna, almeno, che dovrebbe, secondo il codice di riservatezza in cui la cultura la iscrive, attingere l'acqua la mattina presto o al tramonto. Nella calura asfissiante del mezzogiorno, Gesù, stanco, le chiede da bere. Ne scaturisce un dialogo fitto e talora ironico nel quale ella tiene testa allo sconosciuto meravigliandosi prima che, Giudeo, le chieda da bere e poi, offrendosi Gesù di dissetarla, chiedendogli come farà ad attingere l'acqua visto che non ha strumenti e il pozzo è profondo. Gesù parla alla Samaritana di un'acqua viva capace di estinguerne definitivamente la sete.

E anche questo è tema ben presente nella Scrittura. Giovanni lo accoglie nelle sue suggestioni sapienziali e profetiche che vanno dalle acque edeniche (cf Gen 2,10) sino all'acqua che zampilla nel nuovo tempio di Gerusalemme (cf Ez 47). Simbolo di vita, l'acqua esprime anche la sete del credente (cf Sal 42[41]), il suo desiderio d'accedere a Dio, d'essere dissetato dalla sua parola, d'essere da lui generato definitivamente alla vita.
Alla Samaritana Gesù chiede dove sia suo marito. La donna, che di mariti ne ha avuti diversi e che probabilmente convive con qualcuno che legalmente non è tale, riconosce nella domanda la penetrazione e conoscenza profonda del profeta. Da qui il cambio di registro e lo spostarsi del discorso su un piano dichiaratamente teologico, quello che contrappone relativamente al culto Giudei e Samaritani. I primi riconoscono come unico luogo di culto il tempio di Gerusalemme (cf 2Re 23-24); i secondi mantengono le loro antiche consuetudini e rendono culto a Dio sul monte Garizim. Gesù risponde che «viene l'ora, anzi è questa», in cui Dio sarà adorato non più in un tempio quale e dovunque esso sia, ma in spirito e verità. In effetti è lui il vero e nuovo tempio; è lui stesso il luogo definitivo della presenza di Dio in seno al suo popolo. La risposta fa sì che la donna compia un ulteriore passo in avanti evocando il Messia atteso e a lei Gesù si rivela come tale. La donna samaritana compie lo stesso gesto che altri compiono nei vangeli: lasciare tutto per divenire discepoli e testimoni.


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