III Domenica del Tempo ordinario (A)

La Parola
Commento di Cettina Militello
Vita Pastorale (n. 11/2016)



ANNO A – 22 gennaio 2017
III Domenica del Tempo ordinario

Is 8,23b-9,3
1Cor 1,10-13.17
Mt 4,12-23
(Visualizza i brani delle Letture)


CONVERTIRSI VUOL DIRE
SCEGLIERE SEMPRE GESÙ

Il testo proposto come prima lettura appartiene al cosiddetto "libro dell'Emmanuele", un piccolo poema di forte connotazione messianica. Nei versetti oggi proclamati, il dato geografico indica l'uscita dall'umiliazione delle tribù di Zàbulon e Nèftali alle quali è stato assegnato il territorio oltre il Giordano (cf Gs 19,10-16.33-39), la "Galilea delle genti", detta così per la prossimità in essa dei giudei ai pagani. Il profeta annuncia un rovesciamento della situazione politica, che sotto il regno di Acaz vede crescere l'influenza dell'Assiria: un miope gioco politico che, senza prestare ascolto alle parole del profeta, confida nelle forze umane e non nell'aiuto del Signore.
Da qui l'oracolo sul Messia davidico che caratterizza il capitolo 9 di cui leggiamo solo i versetti iniziali. All'oscurità che contrassegna l'incedere del popolo succede il rifulgere della luce. Il profeta annuncia lo spezzarsi di un giogo, l'essere liberati da una condizione di schiavitù. E lo fa con immagini efficaci, benché da noi ormai lontane: la gioia del raccolto o del condividere la preda.

Il testo apostolico prosegue nella lettura della Prima lettera ai Corinzi. Paolo esorta la Chiesa che lì egli ha fondata, alla comunione nel parlare e nel sentire. Le giovani comunità non sono esenti dalle discordie. Il demone separatore s'insinua anche tra i credenti di prima generazione. Qui però la divisione parte dalla rivendicazione dell'appartenenza a questo o a quell'altro generatore nella fede. La domanda retorica di Paolo è accorata. Come si può pensare di appartenere a questo o a quello quasi che Cristo possa essere diviso? E lui ad essere stato messo in croce; è nel suo nome che si è battezzati. E l'annuncio del Vangelo, compito precipuo di Paolo, è diretto a non rendere vana la croce di Cristo.
Ricordiamo come la Prima lettera ai Corinzi viene collocata attorno all'anno 54. Paolo, che vi ha impiantato una forte comunità, da Efeso dove si trova, stante gli Atti, nel contesto del suo "terzo viaggio", risponde, appunto, con questa lettera ai problemi che gli sono stati posti da una delegazione che lo ha raggiunto (cf 1Cor 16,17). Notizie sulla situazione della comunità ha ricevuto anche da Apollo (cf 1Cor 16,12) e dai familiari di Cloe, menzionati proprio nel brano oggi proclamato.
La realtà variegata delle comunità delle origini, i problemi che incontrano sono ancora nostri nel senso che anche noi spesso anteponiamo il nostro "partito", la nostra prospettiva, il nostro gruppo, il nostro movimento perdendo di vista - vuoi nell'annunciarlo, vuoi nel testimoniarlo - la vera priorità che è il Vangelo di Gesù. Il brano evangelico nella sua forma breve che scegliamo perché più coerente alla corrispondenza delle letture (la forma lunga vi include la narrazione della vocazione dei primi apostoli) - si colloca temporalmente dopo l'arresto del Battista. È a questo punto che Gesù si ritira in Galilea e, lasciata Nazaret, si stabilisce a Cafarnao, sulla riva del mare.
Rilevano gli esegeti che questa notazione geografica consente a Matteo di supportare con un testo veterotestamentario, nel nostro caso quello di Isaia oggi proclamato, la scelta e l'agire di Gesù che dunque adempie le Scritture. Zàbulon e Nèftali indicano la regione dove ora egli opera, e con ciò l'evangelista risponde anche alle riserve che alcuni hanno relativamente a un messia galilaico. Il rinvio al popolo che camminava nelle tenebre e su cui rifulse la luce evoca la figura del Servo il cui compito è d'essere luce di popoli (cf Is 42,6; 49,6). Da questo momento Gesù inizia a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino».

L'appello alla penitenza e alla conversione caratterizza già la predicazione di Giovanni. Conversione, metanoia vuoi dire alla lettera rivolgimento, cambiamento di mente. Si tratta dunque di ripristinare il rapporto con Dio, di ristabilire l'alleanza stabilita con lui nella sua forma autentica e piena. La conversione implica un mutamento profondo, l'abbandono di ogni pratica o modo di pensare distorto; esige, una purificazione della mente e del cuore. Da qui il battesimo come esplicitazione, nella forza purificatrice dell'acqua, di quello che è un movimento innanzitutto interiore. Anche Giovanni ha predicato la conversione legandola all'imminente giudizio escatologico di Dio. Nella comunanza evidente tra l'inizio della predicazione del Battista e quella di Gesù l'espressione chiave è relativa al Regno, al suo approssimarsi.
Matteo usa l'espressione "Regno dei cieli" (33 volte) mentre gli altri evangelisti parlano di "Regno di Dio". Quella del "Regno" è una categoria teologica complessa che evoca la signoria di Dio, la sua sovranità e dunque la salvezza che egli manifesta e opera. Essa esige un aderire alla sua volontà e al suo disegno. La regalità di Dio si esercita su Israele che è esso stesso il luogo dove Dio regna. Questa, notificata già in Es 19,6, la vocazione d'Israele: essere "regno e sacerdoti". Vocazione, con notazione che caratterizza anche il nuovo popolo, oggetto della signoria di Dio e insieme chiamato a parteciparne. L'idea della prossimità, dell'imminenza del regno dei cieli non è nuova nella tradizione giudaica. La troviamo già nella tradizione profetica. Ciò che ora ne dice la definitiva novità è che in Gesù il Regno si è fatto prossimo. La conversione esige una scelta a favore di Gesù.


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