XVII Domenica del Tempo ordinario (A)

La Parola
Commento di Cettina Militello
Vita Pastorale (n. 6/2017)



ANNO A – 30 luglio 2017
XVII Domenica del Tempo ordinario

1Re 3,5.7-12
Rm 8,28-30
Mt 13,44-52
(Visualizza i brani delle Letture)


IL REGNO, UN TESORO
D'INESTIMABILE VALORE

«Vende tutti i suoi averi e compra quel campo»: questa l'azione dell'uomo che vi trova un tesoro nascosto; questa la seduzione del regno di Dio per chiunque ne comprende il valore inestimabile. Le letture di oggi lo propongono, appunto, come tesoro, vuoi nella domanda di sapienza di Salomone, vuoi nella scintillante sequenza di essere chiamati a conformarci all'immagine del Figlio, vuoi appunto nella similitudine della perla o della rete rigonfia di pesci. Il Regno è nel segno del discernimento, attitudine sapiente, capace di traghettarci fattivamente e fedelmente nella storia.

La visione di Salomone proposta nella prima lettura mostra questo mitico re nel segno della sapienza. Il Primo libro dei Re si apre, appunto, con la morte di Davide e l'ascesa al trono di Salomone che gli succede ancora giovane. Nella visione che ci viene narrata egli non chiede a Dio ricchezze, vittorie, o abbondanza di vita, ma il discernimento nel giudicare. Dio si compiace della domanda e gli concede un cuore saggio e intelligente. Tale sarà infatti Salomone, sapiente per antonomasia. In verità la sua vicenda non sarà così lineare. Il suo rapporto con Dio conoscerà pesanti fratture. Ma l'efficacia del suo giudizio, la saggezza del suo discernimento divenute proverbiali ci raggiungono a tutt'oggi. In questione, infatti, è il potere che il re d'Israele esercita in nome di Dio. In questione è la guida del popolo che Dio si è scelto e del suo disegno salvifico che occorre assecondare. Il discernimento, qui proposto al livello più alto, che svuota il potere da ogni magniloquente prepotenza facendone un servizio, in verità investe ogni membro della comunità.

La lettura apostolica, ancora da Rm 8, ci mette dinanzi il disegno di Dio, la sua chiamata. In crescendo la conoscenza si fa predestinazione, la predestinazione chiamata, la chiamata giustificazione, la giustificazione glorificazione. Dio ci conosce da sempre, da sempre ci ha amati e proprio per ciò ci ha predestinati ad accogliere la sua chiamata alla grazia, alla giustificazione. E ciò ultimamente comporta la condivisione della sua gloria. Il che nient'altro indica se non il progetto di conformarci al Figlio, primogenito tra molti fratelli. Ecco, l'esistenza cristiana è partecipazione alla figliolanza e alla gloria, ossia partecipazione alla vita stessa di Dio di cui siamo resi partecipi in Cristo e nello Spirito.

La lettura evangelica propone ancora una forma breve e una forma lunga, e di nuovo suggeriamo di leggerla per intero. Siamo alla fine del discorso in parabole. Il regno dei cieli è paragonato al tesoro nascosto nel campo, alla perla di grande valore, alla rete rigonfia di pesci d'ogni specie. Un ultimo versetto offre l'interpretazione "autentica" di quanto narrato nella prospettiva operativa dei discepoli. Il tesoro nascosto esprime bene nell'immaginario popolare l'entusiasmo per un qualcosa, fortuito quanto fortunato, che può cambiare la vita. Da qui la decisione di chi l'ha trovato di vendere ogni suo bene per acquistare il campo e legittimamente accedere al possesso del tesoro - secondo la Legge, infatti, chi avesse trovato un bene altrui doveva restituirlo al proprietario (cf Dt 22,2-3). Analoga e diversa insieme la vicenda del mercante di perle che per professione va alla loro ricerca e le rivende. Tuttavia, trovata ne una preziosissima, per acquistarla vende ogni suo avere.
Il Regno insomma viene proposto nel suo tratto di bene assoluto, di opzione necessitante, di scopo definitivo e ultimo dell'esistenza, a favore del quale vale la pena di compiere una scelta assoluta e radicale. Come nella parabola della zizzania, l'ambito di annuncio del Regno non ha confini; è aperto a tutti. Da qui la similitudine della rete che raccoglie pesci d'ogni genere.
Gli ascoltatori di Gesù, specialmente quelli che vivono sulle rive del lago di Tiberiade avranno tante volte visto i pescatori venire a riva con la rete rigonfia e poi operare la cernita tra il pesce commestibile o comunque commerciabile e quello invece da scartare. Per altro, Matteo colloca il discorso proprio in riva al lago. La parabola, ancora una volta, mostra come la chiamata al Regno s'intreccia poi con la cernita, significata dalla separazione del pesce buono e dal pesce cattivo, un'allusione ulteriore al giudizio, temporalmente collocato alla fine del mondo. Di nuovo l'immagine della fornace, l'evocazione del pianto e dello stridore di denti. Immagini familiari agli ascoltatori.

Per quanto sia immediato ed efficace il discorso in parabole esige sempre la loro interpretazione. Da qui la domanda di Gesù circa l'aver compreso o no quanto egli ha detto. E, a suggello dell'assenso che riceve, l'adagio relativo allo scriba che divenuto discepolo «estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». Ancora dunque un modello di discernimento che nella logica di Matteo non minimizza la tradizione d'Israele ma la compone con la novità di Gesù e il suo annuncio. Il discepolo autentico è capace di mettere insieme le due cose, il nuovo e l'antico, anche se, per Matteo - se ne legga il capitolo 5 - l'evangelo del Regno diventa la misura dell'antico. Venendo a noi, ad essere suggerito è un modello di ragionevole buon senso che ci interpella - e come! - nella difficoltà della transizione in atto. Il vero discepolo promuove un cuore saggio e intelligente


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