Assunzione della Beata Vergine Maria

La Parola
Commento di Cettina Militello
Vita Pastorale (n. 6/2017)



ANNO A – 15 agosto 2017
Assunzione della Beata Vergine Maria

Ap 11,19a;12,1-6a.10ab
1Cor 15,20-27a
Lc 1,39-56
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Messa vespertina nella vigilia

Messa del giorno


MARIA, PERFETTA
DISCEPOLA DEL FIGLIO

«L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore». Questo versetto attribuito alla Madre del Signore, può e deve essere cantato dalla Chiesa, perciò da ciascuno/a di quelli/e che ne costituiamo il corpo. Può ben essere assunto a cifra della gioia di questo giorno nel quale la comunità, celebrando la Madre del Signore, si specchia in lei che riflette compiuta la salvezza confessata e attesa.

Pensiamo perciò che il nostro omilein, ossia il nostro familiare discorrere (cf Lc 24,13-34) possa oggi ispirarsi al Prefazio, interamente modulato su alcune espressioni di LG 68. Infatti il testo di Apocalisse 12 - la donna vestita di sole - sembra doversi riferire piuttosto alla Chiesa che a Maria. Perché al centro di quella visione è piuttosto la Chiesa perseguitata più che la madre del Messia. Anche il testo di Luca - l'incontro con Elisabetta, Magnificat incluso - non ci parla dell'assunzione di Maria. Si tratta dunque di brani adattati che, analogamente ad altri, non dobbiamo riferire letteralmente a un evento a cui la comunità avrebbe prestato attenzione non immediatamente alle sue origini. Infatti, non è Maria l'oggetto dell'annuncio; ma Gesù Cristo Messia e Signore che il Padre, nella potenza dello Spirito, ha risuscitato dai morti. La solennità odierna deve farsi carico di questa precisazione mai superflua, riequilibrando la devozione, a volte fuorviata e fuorviante, verso Maria, separata addirittura o antagonista del suo stesso Figlio, stanti certe derive visionarie e sopravvalutate.
La festa, nata in Oriente, è ufficialmente attestata solo a metà del VI secolo. In Occidente arriverà più tardi. Ciò che, a suo modo, la farà primaria è il consenso delle Chiese a suo riguardo; quando l'Oriente, come l'Occidente, leggerà l'accomiatarsi dalla vita della madre di Gesù proiettando in lei tratti propriamente pasquali. L'assocerà così al Figlio, vincitore della morte facendola partecipe della sua risurrezione. In questa chiave la lettura del testo di Paolo che celebra Cristo come primizia dei risorti e disegna quasi il corteo dei risorti in lui.
La proclamazione dogmatica dell' "assunta in cielo anima e corpo", "finito il corso della sua vita terrena" (1 novembre 1950) a non pochi è apparsa superflua proprio perché l'asserto era condiviso. È prevalso però il factus ecclesiae, ossia la considerazione della fede attuale della Chiesa, alla quale lo Spirito non cessa d'assicurare la sua assistenza. La fede cresce e si sviluppa e, nel tempo, il sensus fidei, il soprannaturale senso della fede (cf LG 12) fa meglio comprendere aspetti particolari, in ogni caso conformi alla verità cristiana nella sua interezza. Purché non leggiamo l'assunzione di Maria come suo personale "privilegio" senza cogliere quelle implicazioni antropologiche, escatologiche, ecclesiologiche, messe invece in evidenza dal concilio Vaticano II.
Suo frutto compiuto è appunto il Prefazio che propone Maria quale «primizia e immagine della Chiesa», «segno di consolazione e di sicura speranza» per il popolo di Dio pellegrino sulla terra. Il termine "primizia" lo ritroviamo quest'oggi nella seconda lettura riferito a Cristo. Detto della Madre, si tratta ovviamente di coglierne la prossimità a lui. Il che suggerisce un'immediata fruizione della sua risurrezione.
Lei, insomma, per prima, assapora il frutto della vittoria del Figlio che la sottrae non alla morte, ma alla corruzione che essa comporta. Maria, senza attendere il compiersi di un tempo intermedio, accede immediatamente e pienamente alla condizione escatologica. E poiché confessiamo non genericamente la risurrezione, ma la risurrezione della carne, parlare di Maria assunta in cielo, è affermarla glorificata nella carne, a somiglianza del Figlio.
Di più nel suo corpo di gloria è la creazione stessa a essere trasfigurata. Il corpo insomma come cifra delle creature e del creato restituito in bellezza al disegno originario. Il dogma dell'Assunta, insomma, è gravido di implicazioni escatologiche e antropologiche. Ad essere glorificata è una donna nella compiutezza della sua persona, corporeità inclusa. Ma è appunto questo che, nella potenza dello Spirito, ci attende tutti, uomini e donne.

Le parole che nel Vangelo le rivolge Elisabetta, e quelle stesse del Magnificat che lei canta, ci avvertono però sulla contestualità che giustifica a monte il compiersi del suo cammino. Parliamo della qualità del suo aderire al progetto salvifico di Dio. «Beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto», così l'apostrofa l'anziana parente. Questo e non altro è il compito di tutti i credenti e della Chiesa che si specchia nel compiuto discepolato della Madre del Signore.
La sua assunzione al cielo ne sigilla la qualità di discepola. Maria, infatti, è la prima e perfetta discepola del Figlio. La sua accoglienza materna interiorizza il mistero di lui "Parola" così realizzando appieno quell'aderire al disegno di Dio, quel credere nel compiersi della sua promessa, a cui è chiamata la comunità credente che, appunto, vede la Madre del Signore come modello esistenziale, come figura della Chiesa nell'ordine della fede della speranza della carità (cf LG 64). Riconoscendola come discepola e sorella, anche noi gioiamo di lei e con lei, chiedendole d'esserci rassicurante compagna nel pellegrinaggio di fede nel mondo e nella storia.


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