Tutti i Santi

La Parola
Commento di Cettina Militello
Vita Pastorale (n. 10/2017)



ANNO A – 1° novembre 2017
Tutti i Santi

Ap 7,2-4.9-14
1Gv 3,1-3
Mt 5,1-12a
(Visualizza i brani delle Letture)


LA SANTITÀ È DONO,
MA È ANCHE OBBLIGO

Affermiamo nel Simbolo apostolico: «Credo la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi». L'antico simbolo di fede della Chiesa romana declina la Chiesa "santa" e "comunione dei santi". Tradizionalmente quest'ultima espressione è stata riferita alla Chiesa sia nella prospettiva delle membra, sia esplicitando ciò che, santificandola, la pone in essere: i sacramenti, primo tra tutti l'eucaristia. C'è un rapporto circolare tra l'essere membra e l'essere costituite tali. Si è Chiesa a partire dall'iniziazione cristiana e sono i sacramenti dell'iniziazione a costituire tale la Chiesa.
Queste affermazioni stanno nello sfondo della solennità di Tutti i Santi che celebra la santità della Chiesa come dato condiviso. Essa è non solo comunione, ma comunione dei santi. Ossia ciò che la cementa e la fa santa è la circolazione in essa della vita stessa di Dio, che ha il suo avvio nel dono dei sacramenti e che ha il suo compimento nella condizione beata, quella in cui la Chiesa stessa sarà definitivamente senza macchia né ruga, degna sposa del suo Signore.
Le letture di oggi, ciascuna a suo modo, e anche l'eucologia, ossia le preghiere che introducono alle diverse parti della celebrazione, sono tutte dirette a evidenziare il mistero di grazia che la Chiesa stessa è, la santità donata a tutte le sue membra, le quali poi possono far fruttificare o soffocare o ignorare il dono, senza tuttavia cancellarlo.

La via, il manifesto di questo vivere la vita stessa di Dio, ci è proposta da Matteo nel discorso che Gesù fa sul "monte". Le "beatitudini" che proclama, nella loro articolazione, disegnano le modalità altre, la vita altra in Dio a cui siamo chiamati. Si tratta di rovesciare, facendone luoghi preziosi di santificazione, ambiti di pregiudizio e di esclusione. Povertà, pianto, sete di fame e di giustizia, persecuzione... la stessa misericordia e purezza di cuore disegnano contesti liminari e discriminanti. Eppure, sono queste le modalità di privilegio, le modalità di significanza, di eccellenza, di "beatitudine", acquisendo questo termine come sinonimo della vita stessa di Dio e della vita in Dio.
Si sono scritte tante cose su Mt 5. Si sono stabiliti, a ragione, paralleli con Mosè, la legislazione dell'Esodo e Gesù nuovo legislatore. La celebrazione d'oggi, però, chiede di mettere al centro la santità e la comunione dei santi. Essa è appunto la compagnia degli amici di Dio, alcuni dei quali ci sono anche modello nella loro radicale assunzione del condursi di Cristo, i martiri innanzitutto, i primi che la Chiesa ha onorato e venerato facendoli oggetto di culto. E se oggi emblematicamente li precede la Madre del Signore è perché la pietà cristiana ha proiettato in lei ogni ottimizzazione della sequela. D'altra parte, nelle parole che il vangelo di Luca le ha poste sulle labbra, lei stessa attesta, canta quel rovesciamento che delle marginalità fa privilegio, dell'esclusione consolazione, dell'indigenza ricchezza.
La gioia cristiana, l'esultanza a cui il Vangelo ci invita non è sterile ricerca della marginalità o dell'esclusione ma, nella speranza, è rovesciamento di valori presunti, denuncia lotta e impegno. La santità è dono, ma è anche obbligo. Come non accogliere e far fruttificare il dono di Dio?


--------------------
torna su
torna all'indice
home