Quaresima (B) - 2018


Parola che si fa vita

Commenti e Testimonianze sulla Parola (da Camminare insieme)

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1a domenica di Quaresima (B) (18 febbraio 2018)
Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto (Mc 1,12)

2a domenica di Quaresima (B) (25 febbraio 2018)
Questi è il figlio mio, l'amato: ascoltatelo (Mc 9,7)

3a domenica di Quaresima (B) (4 marzo 2018)
Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere (Gv 2,19)

4a domenica di Quaresima (B) (11 marzo 2018)
Dio ha mandato il Figlio perché il mondo sia salvato per mezzo di lui (Gv 3,17)

5a domenica di Quaresima (B) (18 marzo 2018)
Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto (Gv 12,24)

Domenica delle Palme (B) (25 marzo 2018)
Davvero quest'uomo era Figlio di Dio! (Mc 15,39)



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1a domenica di Quaresima (B) (18 febbraio 2018)
Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto (Mc 1,12)

Il messaggio che ci viene dalla parola di Dio nella prima domenica di quaresima di quest'anno, sembra nuovo, tanto è diverso dal solito. Non vi figurano in primo piano le "tre grandi tentazioni" di Gesù nel deserto. Lo stesso deserto, più che come luogo della tentazione, viene presentato come luogo della preghiera e dell'incontro con Dio. Marco, nel vangelo odierno, vede la tentazione, che pure è una realtà scomoda, in una prospettiva provvidenziale: è infatti lo Spirito a sospin-gere Gesù nel deserto.
Gesù ha da poco ricevuto il battesimo dal Battista. Marco ci racconta la scena con queste parole "e subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui". Lo Spirito di Dio, che è solidarietà, amore, umiltà e servizio in Gesù è ormai presente anche tra di noi. Ed egli fa nuove tutte le cose: dà un cuore nuovo. Quello Spirito ora conduce Gesù nel deserto e lo rende vittorioso. E sappiamo che in Gesù vittorioso, tutta l'umanità ha già vinto il male. Il cristiano, unito a Gesù nel battesimo, vive la stessa scelta e la stessa difficoltà a mantenerla. Ha il suo medesimo Spirito di solidarietà, amore, umiltà e servizio e vi resta fedele nonostante gli inganni del nemico.
Quando ci lasciamo guidare dallo Spirito, come Gesù, sappiamo superare le tentazioni e rimanere fedeli al dono ricevuto. Perché è lo Spirito che realizza in noi l' essere immagine viva di Cristo e la porta a pienezza fino al "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me". Non sono tanto i nostri sforzi, che pure sono necessari, a farci come Gesù. È lo Spirito di cui conosciamo i divini effetti nelle persone e nelle comunità: amore, gioia, pace, comprensione, cordialità, bontà, fedeltà, mansuetudine, dominio di sé.

Testimonianza di Parola vissuta

IL CESTINO

Non siamo ricchi e per le vacanze avevano affittato una casetta a modico prezzo. Mentre Helen cucinava, io andavo a fare la spesa con i ragazzi. Nei negozi c'erano molte tentazioni per loro, ma i soldi erano contati. Presto, alle mie obiezioni, cominciarono a manifestare il loro disappunto, mettendo su il muso. Che fare? Quella domenica a Messa il Vangelo diceva: "Cercate prima il regno di Dio…". Che voleva dire? Intanto, in quel momento, significava essere pazienti, non reagire con parole poco gentili e coinvolgere i nostri figli nella responsabilità dell'economia familiare.
A casa abbiamo messo tutti i soldi in un cestino sul tavolo e con loro abbiamo deciso come spenderli per il tempo rimanente.
Cominciavano così a fare i conti anche loro. Il cestino è rimasto sempre disponibile a tutti, ma a questo punto ognuno dimenticava le sue voglie per far spazio all'altro. È tornata la pace in famiglia, i ragazzi hanno iniziato a dare una mano in cucina nelle pulizie. Cantavamo, giocavamo. L'armonia è continuata anche dopo, al ritorno da quella vacanza.

H.G.S. – Austria

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2a domenica di Quaresima (B) (25 febbraio 2018)
Questi è il figlio mio, l'amato: ascoltatelo (Mc 9,7)

Alla visione del sacrificio di Isacco (1a lettura) viene accostata la visione del Cristo trasfigurato e glorioso. Guardando il vangelo di Marco l'episodio della Trasfigurazione è posto dopo il rifiuto di Pietro di credere in un Messia sofferente e crocifisso. Gesù riprende il discorso affermando che non solo il Messia, ma anche chiunque crede in lui, deve seguire la logica della croce. Per premunire i discepoli contro uno scandalo simile avviene la Trasfigurazione.
È la seconda grande manifestazione di Gesù come Figlio di Dio, dopo quella del battesimo nel Giordano. La terza sarà quella sconvolgente della croce. Gesù trasfigurato viene proclamato dalla voce: "Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo". Gesù vive l'amore del Padre, è l'amore. Il Padre torna a manifestare questa verità agli uomini per legittimare e accreditare la missione d'amore che proviene dall'alto.
È bello pensare che ognuno di noi ha il suo "Tabor". Dio ci offre molte possibilità perché ci possiamo trasformare: preghiere, colloqui, incontri, sacramenti, episodi cui partecipiamo, liturgie… Ma soprattutto chi ci aiuta a cambiare la nostra vita è la Parola ascoltata e messa in pratica. "Ascoltatelo": l'ascolto di una parola che giunge a noi in infiniti modi e che, nella misura in cui l'accogliamo e mettiamo in pratica, trasfigura la nostra vita: la rende cristiana, vita di figli e fratelli.

Testimonianza di Parola vissuta

UN ALTRO PERMESSO

Una mia amica aveva bisogno di un secondo intervento chirurgico. Aveva due bambini piccoli che erano già stati da me, ma stavolta il lavoro non mi permetteva di accoglierli. Di fronte alla prospettiva che lei li avrebbe messi in un istituto, ne ho parlato con mio marito che mi ha incoraggiata a chiedere un permesso anche non retribuito. Ma il direttore non era d'accordo e insisteva per un'altra soluzione. Poi ha proseguito: "E se le dicessi che lei perde il lavoro se prende questi giorni?". Ho risposto che non sarei venuta meno alla decisione presa. Al che è rimasto così colpito che mi ha concesso il permesso. Non molto tempo dopo, per partecipare ad un incontro fra varie denominazioni cristiane, a cui tenevo molto (sono anglicana), sono tornata a chiedere un permesso al direttore, che è ebreo. Quando ha saputo di cosa si trattava, ha affermato: "Se la tua fede ti porta ad agire in questa maniera, non posso negarti niente".

M.H. – Inghilterra

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3a domenica di Quaresima (B) (4 marzo 2018)
Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere (Gv 2,19)

Una parte molto importante della legislazione dell'Antico Testamento riguardava il culto del tempio: feste, sacrifici, purificazioni, rituali, ecc. Venendo nel tempio, il Figlio nella casa del Padre, Gesù non si preoccupa soltanto di estirpare alcuni abusi. Egli vuole manifestare la sua gloria e così dichiarare superata tutta la legislazione rituale antica.
La polemica di Gesù contro i venditori del tempio sta a significare, implicitamente, il superamento anche delle istituzioni più sante, poiché al loro posto deve subentrare ormai Cristo crocifisso e risorto: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere". Gesù parla di se stesso, del suo corpo risorto. Gesù innalzato sulla croce è colui che ha vinto. La fede vede in Lui la Parola che abita tra noi. La fede vede in Gesù il nuovo tempio; Egli è il nuovo luogo in cui si può trovare Dio.
Gesù ha avviato un processo di cambiamento nel rapporto con Dio. Tu lo puoi incontrare non soltanto in un luogo preciso, come poteva essere il tempio per il pio giudeo; lo puoi incontrare in Gesù, nella sua parola, nei sacramenti, nella sua comunità riunita nel suo nome. E Gesù ti porta al Padre. E tutta la tua vita può essere una lode a Dio, non soltanto i riti e i luoghi particolari.
Non accontentiamoci di dare cose a Dio: diamogli in nostro cuore. Incontrare Dio è il desiderio di tutta la Bibbia. E noi incontreremo Dio in Gesù. Egli poi, lo sappiamo, ci invia ai fratelli. È in Gesù che possiamo fare un'autentica esperienza di Dio ed è in Lui che possiamo fare un'autentica esperienza di fraternità.

Testimonianza di Parola vissuta

UN SALVADANAIO PIENO DI MONETE

Una sera assieme ad altri ci ponevamo l'interrogativo di cosa fare per non lasciarci trascinare dal consumismo che crea così tanti bisogni non veri. Ci è venuto in mente che una cosa che facciamo ogni giorno è la spesa: allora perché non mettere da parte tutte le monete che riceviamo come resto? Abbiamo preso così un salvadanaio, i nostri figli hanno subito svuotato le tasche e il gioco è iniziato. Da quel momento tutte le monete che prima giravano qua e là finiscono nel salvadanaio. Appena il salvadanaio è pieno, ci guardiamo attorno per vedere chi ha bisogno. E basta poco per rendersi conto di quante famiglie sono nella condizione di aver bisogno di essere aiutate.
Questo semplice gioco ci ha aperto gli occhi. E i figli sottolineano che veramente non si tratta di fare qualcosa, ma di crescere insieme. È una goccia nell'oceano, ma dentro c'è tutto l'impegno di una famiglia che cerca di allenarsi per non dimenticare chi è meno fortunato.

L. C. – Spagna

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4a domenica di Quaresima (B) (11 marzo 2018)
Dio ha mandato il Figlio perché il mondo sia salvato per mezzo di lui (Gv 3,17)

L'intero messaggio odierno rileva uno sconcertante contrasto di tenebre e luce, di giudizio e di salvezza. La tensione si fa drammatica nel brano evangelico; ma l'accento è posto tutto sul polo positivo: l'amore di Dio.
Egli "ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito" e poco dopo: "Dio ha mandato suo Figlio perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui". Ma l'amore di Dio è "diverso" da ciò che noi chiamiamo amore, perché noi non riusciamo a comprendere il senso di una fedeltà non ricambiata, il senso di un amore deciso a rischiare tutto, anche la vita per la persona amata. Eppure così è l'amore di Dio per noi. E, trasformati dalla grazia del suo Spirito, così deve diventare anche il nostro amore per Lui e per i fratelli.
Cristo è il rischio corso da Dio per noi; la fede è il rischio che noi dobbiamo accettare di correre per Dio. Chi non osa rischiare così, non scoprirà mai cosa sia veramente amare. Si ama veramente non a parole, ma con la vita, cioè quando osiamo rischiare per Dio, come Dio ha rischiato per noi il suo Figlio Gesù. Sappiamo amare così noi? Sappiamo testimoniare con la vita il nostro amore a Dio e ai fratelli?
Lo sappiamo poi che l'amore in genere è fatto di piccoli gesti concreti: una parola, un ascolto, una condivisione, un perdono, un po' di tempo donato, un bicchiere d'acqua, una visita, un'accoglienza. Cerchiamo in questa settimana che questi gesti nascano dal nostro cuore.

Testimonianza di Parola vissuta

POSSIBILITÀ DI PACE

Millar non riusciva a spiegarselo. Christian chiedeva sempre permessi infrasettimanali, mai il sabato e la domenica come altri ragazzi della fattoria. Poi, lavorava il doppio per recuperare le ore perse. Era un contadino instancabile, serio e rigoroso. Millar non si era pentito di avergli offerto l'impiego sei mesi prima. Certo, c'erano quelle strane assenze. Alla fine glielo aveva confessato: "Sono stato un guerrigliero. A 16 anni ho imbracciato il fucile, poi il 5 gennaio 2008 ho lasciato le Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) e sono entrato nel programma di reintegrazione. I permessi sono per i colloqui di verifica".
Millar aveva avuto un tuffo al cuore. Aveva in casa uno di loro. Sì, di loro. Di quelli che avevano piazzato le mine su cui erano inciampati i due fratelli: le loro gambe erano state ridotte a brandelli. Condannati alla sedia a rotelle. Lui, però, era anche Christian, il lavoratore impeccabile, il ragazzo gentile che si fermava più del dovuto per aiutare i compagni, che spesso si fermava a chiacchierare. Doveva giudicarlo per ciò che era o per quello che è diventato? No, non l'avrebbe licenziato. Dopotutto, ognuno ha diritto alla sua quota d'errori.
Allora, era l'inizio del 2009, non pensava che otto anni dopo Christian sarebbe diventato addirittura suo socio nella coltivazione di banane. Ne hanno novemila piante a Granada, nella Stato del Meta. Lavorano fianco a fianco e ormai sono amici. "L'accordo con le Farc non mi entusiasma. Ma se è per il bene del Paese, dico: 'Facciamolo!'. Christian ed io ce l'abbiamo fatta. Anche questa nazione, dunque, ha una possibilità di pace".

Da "Avvenire"

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5a domenica di Quaresima (B) (18 marzo 2018)
Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto (Gv 12,24)

Il nostro cammino verso Pasqua sta avvicinandosi alla meta: la via percorsa da Gesù è anche la nostra via. La sorte del Signore Gesù che muore per risorgere è la "norma" per quanti lo seguono. L'evangelista esprime questa verità attraverso tre detti convergenti sul tema "croce – glorificazione": il grano che muore per portare frutto; il servo che deve seguire il suo Signore; il turbamento di Gesù che annuncia imminente la sua esaltazione. Vivere è dare la vita. Non dare è già morire: lo sappiamo quando l'acqua si ferma, stagna, imputridisce. Per questo è importante per me diventare chicco di grano che scompare.
Chicco di grano seminato nella terra accogliente della mia famiglia, della mia comunità, nella terra talvolta arida del mio lavoro, nella terra amara delle domande senza risposta, dei giorni di lacrime. E questo chicco di grano contiene in sé la vita, ad una condizione: quando diventa dono, quando scompare.
Lo so per esperienza: se tengo per me non servo a niente, neanche a me stesso. La condizione è proprio quella di scomparire, di donarmi. E la vita rifiorisce: non come vuoi tu, ma come vuole Dio. Così ha fatto Gesù: si è donato. Egli è come un seme che sprofonda nella terra, cioè che si dona fino alla morte, per portare frutto. E il frutto è far famiglia: "attirerò tutti a me". Gesù si dona per radunare tutti gli uomini, perché gli uomini diventino la famiglia di Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

CON IDEE DIVERSE

Ero nella disposizione di amare Gesù in chiunque, quando vidi venirmi incontro, leggendo il giornale, un collega dalle idee assai diverse dalle mie. Per evitare discussioni, fui tentato di passare all'altro marciapiede. E i miei propositi di prima?
Intanto lui ormai mi era davanti. Col dito puntato sul giornale, dove a grossi titoli veniva attaccata la Chiesa, m'investì con violenza. Invece di controbattere – come il solito – mi trattenni. Per lo sforzo però cominciai a sudare. Stavo ormai per cedere, quando il tono dell'altro cominciò ad essere meno aggressivo. Continuai ad ascoltarlo e lui, contento di potersi aprile con qualcuno, cominciò a parlarmi in modo sempre più confidenziale, di quando – bambino – frequentava la chiesa…
Ero sbalordito: non ritrovavo più l'immagine che mi ero fatta di lui. Forse il suo modo di comportarsi era solo una veste esterna sotto cui nascondeva un sincero amore per Gesù. Alla sua richiesta di un consiglio, non so cosa risposi: dovette comunque sentirsi capito, voluto bene, perché si commosse e lì, per strada, mi abbracciò.

A.P. – Roma

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Domenica delle Palme (B) (25 marzo 2018)
Davvero quest'uomo era Figlio di Dio! (Mc 15,39)

L'entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme e il racconto della passione sono le due scene della celebrazione odierna, quasi ad indicare plasticamente le due concezioni opposte del Messia che deve venire: quella del re glorioso che tutti aspettavano e quella del servo sofferente che Dio aveva invece preparato per la nostra salvezza.
Il racconto della passione che seguiremo questa domenica è quello di Marco. In esso possiamo, tra le altre, cogliere queste caratteristiche. Innanzitutto una certa crudezza nel descrivere senza veli e senza alcuna attenuazione gli aspetti più sconcertanti della passione di Gesù: parla di "paura e angoscia"; riferisce tre volte l'invocazione di Gesù al Padre per essere liberato; delle parole di Gesù in croce ricorda solo il suo grido per l'abbandono del Padre (Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?): tutti particolari che gli altri evangelisti o attenuano o addirittura omettono.
Poi la progressiva accentuazione dei titoli messianici nel corso del racconto (Figlio dell'uomo, Messia, Re dei giudei) che culmina nell'aperta professione di fede di un pagano, il centurione, ai piedi della croce: "Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!".
Il vangelo ci dice la sofferenza sconvolgente di Gesù che nasce dall'obbedienza al Padre, ma anche del difficile cammino di fede degli apostoli e dei primi discepoli: l'uomo schiavo dell'egoismo e vittima dei suoi stessi vizi e peccati, dai quali non sa come uscirne, i malati, i poveri, i perseguitati… Gesù ha offerto la sua vita per salvare tutti noi dal peccato. Chi si offre oggi per contribuire alla liberazione degli oppressi? Noi che vogliamo essere cristiani possiamo mettere il nostro amore fatto di piccoli o grandi gesti. E sarà il nostro amore a continuare quell'amore grande "di colui che dà la vita per i propri amici".

Testimonianza di Parola vissuta

SCUOLA DI LINGUA

Abbiamo dato vita ad una scuola gratuita di lingua italiana per stranieri quando abbiamo saputo che una ragazza africana non trovava lavoro perché non sapeva la lingua. In tanti ci siamo dati da fare per il locale, i tavoli, le sedie e la lavagna. Tre volte alla settimana lezioni per una decina di persone cattoliche e musulmane.
A fine luglio concludiamo con una festa: piatti tipici, danze e canti. A un certo punto Cady, musulmana, comincia a cantare una canzone della Messa cattolica. Tutti cercano di essere dono per gli altri.
Continuano i rapporti e sperimentiamo che, avendo messo alla base del nostro servizio il rispetto dell'altro e una solidarietà vera, i frutti sono meravigliosi. Mussà, invitandoci al suo matrimonio, ci diceva quanto sia stata importante per la sua vita la nostra amicizia.

L.G. – Italia



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