II Domenica di Quaresima (B)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 2/2018)



ANNO B – 25 febbraio 2018
II Domenica di Quaresima

Genesi 22, 1-2.9a.1 0-13.15-18
Romani 8,31b-34
Marco 9,2-10
(Visualizza i brani delle Letture)

ELETTI PERCHÉ AMATI

Un giorno Gesù sale su una montagna e si lascia accompagnare soltanto da tre dei suoi apostoli. Sono Pietro, Giacomo e Giovanni, che in alcuni passaggi del Vangelo beneficiano di un'attenzione particolare, come fossero dei privilegiati. In realtà, tutta la storia della salvezza è segnata da scelte particolari: Noè fu individuato da Dio, a differenza degli altri suoi contemporanei che perirono nel diluvio. Abramo venne scelto per dare origine a una discendenza, e lo stesso accadde per suo nipote Giacobbe (scelto al posto di Esaù). Da lui nacque il popolo di Israele, eletto tra le nazioni del mondo e non perché fosse il più grande o il più degno. E via via la Bibbia racconta tutta una serie di elezioni di giudici, re e profeti; fino a quelle degli apostoli. Ma nemmeno gli apostoli sono posti sullo stesso piano: Pietro occupa un posto speciale e poi il discepolo amato e, in alcuni passi, i tre di oggi.

Perché proprio loro e non qualcuno degli altri discepoli? Di sicuro non perché abbiano dato prova di una fede maggiore: i fratelli Giacomo e Giovanni hanno reclamato un posto speciale accanto a Gesù alla fine dei tempi; si sono resi protagonisti di crolli di sonno nei momenti decisivi della vita di Gesù, di spavento davanti alla manifestazione del Padre, di incomprensione dello stile del Maestro. Anche Pietro non è stato un testimone affidabile, specialmente nel momento decisivo della Passione. Come Israele non è stato un popolo serio nel rispettare l'alleanza offertagli da Dio, così i discepoli di Gesù non si sono mostrati all'altezza della fiducia del Signore.

Come Isacco aveva accompagnato il padre Abramo nella salita dove Dio si sarebbe manifestato, così i tre accompagnano con beata incoscienza uno dei momenti più alti del rapporto di Gesù con il Padre. Sul monte Tabor appaiono Mosè ed Elia, mentre il corpo di Gesù prende una forma abbagliante e inenarrabile. Ma di fronte a tanto bagliore i discepoli non riescono a fare altro se non a meravigliarsi. È proprio per questo che l'incontro di Gesù con Legge e Profeti non è mai stato descritto bene nei Vangeli: perché nessuno è stato in grado di dire cosa sia accaduto. Il momento più alto della sua vita, Gesù lo vive da solo. Circondato dai suoi, ma in un incontro solitario. Triste destino o inevitabile esperienza? Spesso gli avvenimenti più importanti li viviamo da soli, anche se affiancati da tanti compagni di viaggio. Gesù li vuole lì accanto a sé, ma i tre non sono in grado di condividere fino in fondo la sua esperienza.

Quella di Gesù è l'esperienza di essere figlio: la sua figliolanza è unica, eppure egli la partecipa agli uomini. Gesù è l'amato, il prediletto, colui nel quale tutti possono dirsi figli. La strada per esserlo ci viene direttamente dall'alto, dal cielo: è l'ascolto della Parola a farci figli e a farci sentire amati. A noi che in tanti modi cerchiamo una strada per poterci dire amati, la risposta che la vita e le parole di Gesù ci consegnano è che siamo figli per dono, per elezione. In fondo, non siamo diversi dal nomade Abramo, dal ladro Giacobbe, dall'infedele Israele, dagli sconnessi discepoli: anche a noi l'essere figli è donato per grazia. L'ascolto dell'esistenza di Gesù ci mostra che figli, e amati, lo siamo già, senza che ce lo dobbiamo conquistare ad alcun prezzo.


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