III Domenica di Quaresima (B)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 3/2018)



ANNO B – 4 marzo 2018
III Domenica di Quaresima

Esodo 20,1-17
1 Corinzi 1,22-25
Giovanni 2,13-25
(Visualizza i brani delle Letture)

LA LITURGIA DELLA VITA

«Recitare» è uno strano verbo, che abbiamo inserito anche nel nostro linguaggio religioso. A volte si sente dire: «Recitiamo un'Ave Maria o un Padre Nostro», «Recitiamo il vespro o il rosario». Proprio questi modi di dire "stonati", ci ricordano che rischiamo sempre di fare anche della nostra fede una recita.
Era così anche ai tempi di Gesù. Come abbiamo ascoltato, Gesù sale al Tempio di Gerusalemme a pregare: siamo all'inizio del suo ministero, e Gesù si indigna profondamente nel vedere che il Tempio non era luogo di preghiera ma di corruzione. Gli ebrei che andavano al Tempio, spesso venivano da lontano: per questo i sacerdoti avevano organizzato un servizio di cambiavalute e di acquisto di animali da offrire per i sacrifici. Dietro questo commercio s'era creato un grande mercato fatto di scambi iniqui e di animali malati venduti per sani. Oltre alla corruzione, questo sistema generava una fede ipocrita: molti andavano nel luogo sacro, facevano la loro offerta e poi si sentivano a posto, avevano assolto il precetto; la loro vita e le loro scelte non venivano toccate.

Di fronte a tutto ciò, Gesù scaravolta i banchi, ma soprattutto scaravolta la logica corrotta e ipocrita del Tempio. Per Gesù, Dio è il Dio dell'onestà e della verità, non dell'ipocrisia. Dio è il Dio che ci ama, che desidera che viviamo non una fede commerciale, ma una fede che è relazione, ascolto della sua Parola e della nostra coscienza, ricerca concreta del bene comune. Gesù condanna l'ipocrisia dei sacerdoti, scaravolta una religiosità fatta di apparenza, per invitarci a una fede libera e vitale. Ciò che salva non è compiere un rito esteriore, ma la liturgia della vita; il culto gradito a Dio è quello della vita, non quello fatto di precetti formali.
Questa religiosità di mercato, però, non è poi così molto lontana da noi. Certo, noi non offriamo più animali, ma corriamo sempre il rischio di voler comprare Dio. Abbiamo ridotto le parole divita donate da Dio a Mosè a comandi da osservare perché «dobbiamo» o «perché altrimenti andiamo all'inferno», dimenticandoci che queste parole sono da vivere come parole di libertà, che custodiscono la nostra umanità e bellezza. Purtroppo, abbiamo anche separato le prime tre parole sull'amore a Dio, dalle altre sette sull'amore agli uomini, dimenticando che l'amore a Dio non può essere separato dall'amore concreto per gli altri. Infine, abbiamo ridotto la nostra fede a "non rubare", a "non uccidere" e a "non fare il male", dimenticando che le dieci parole sono i blocchi di partenza da cui siamo chiamati a scattare per vivere la bellezza del Vangelo, cercando di fare il bene, senza accontentarci di non fare il male.
Il Vangelo ci ricorda che esiste il pericolo sempre attuale di recitare la nostra fede. Rischiamo persino che le nostre celebrazioni e le nostre preghiere siano una recita oppure solo un precetto da assolvere. Chiediamo al Signore che accompagni il nostro cammino quaresimale facendo sì che «all'osservanza esteriore corrisponda un profondo rinnovamento dello Spirito», sull'esempio di Gesù che non ha fatto della sua fede una recita, ma ha offerto se stesso, donando la sua vita.


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