III Domenica del Tempo Ordinario (B)
Letture Patristiche

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Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.


ANNO B - III Domenica del Tempo Ordinario


DOMENICA «DELLA PRIMA PREDICAZIONE DEL SIGNORE»

Giona 3,1-5.10 • Salmo 24 • 1 Corinzi 7,29-31 • Marco 1,14-20
(Visualizza i brani delle Letture)


1. Il tempo del pentimento (Beda il Vener., In Evang. Marc., 1, 1, 14-15)
2. Le esigenze della chiamata di Dio (Girolamo, Comment. in Marc., 1)
3. L'ascolto della parola di Dio rende potenti interiormente (Origene, Contra Cels., 1, 62)
4. La sola penitenza non basta per la salvezza, occorre la carità (Giovanni Cassiano, Collationes, 20, 8)
5. Il Signore è il nostro specchio (Oda Salomonis, 13, 1-4)
6. Convertiti e ti salverò (Dalle «Opere cattoliche» di Tertulliano, sacerdote)


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1. Il tempo del pentimento

"Ma dopo che Giovanni fu imprigionato, Gesù venne nella Galilea predicando il Vangelo del regno di Dio..." (Mc 1,13), con quel che segue.
«Giustamente egli comincia a predicare dopo che Giovanni è stato imprigionato; tramontata la legge, di conseguenza sorge il Vangelo. E il Salvatore, predicando le stesse cose che Giovanni Battista aveva predicato in precedenza, mostra di essere il Figlio dello stesso Dio di cui Giovanni è il profeta». Ma non si pensi che Giovanni sia stato gettato in carcere subito dopo la fine della tentazione, durata quaranta giorni, e il digiuno del Signore; chiunque legge il Vangelo di Giovanni troverà che il Signore ha insegnato molte cose e compiuto molti miracoli prima della prigionia di Giovanni. Troviamo nello stesso Vangelo: "Gesù dette così inizio ai suoi miracoli a Cana di Galilea" (Gv 2,11), e aggiunge: "Giovanni non era stato ancora imprigionato" (Gv 3,24). Ma «alcuni sostengono che Giovanni, dopo aver letto i libri di Matteo, di Marco e di Luca, avrebbe approvato tutta quanta la trama storica dei fatti e avrebbe riconosciuto che essi avevano detto il vero, ma che avevano tracciato soltanto la storia dell'anno in cui il Signore subì la passione dopo la prigionia di Giovanni. Per questo, tralasciando i fatti di quell'anno che erano stati oggetto dell'esposizione dei tre evangelisti, ha raccontato le vicende accadute prima che Giovanni fosse stato imprigionato, come si può constatare chiaramente leggendo attentamente i quattro Vangeli. Questo fatto toglie di mezzo ogni discordanza che sembrava esistesse tra Giovanni e gli altri». Orbene Marco, dopo aver detto che «Gesù venne nella Galilea predicando il vangelo del regno di Dio», continua: "E diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; pentitevi e credete al vangelo" (Mc 1,15).
«Il tempo è compiuto», è un'espressione, questa, che concorda perfettamente con la frase dell'Apostolo: "Ma quando venne la pienezza dei tempi Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sottoposti alla legge" (Gal 4,4-5). Il tempo dunque è compiuto, pentitevi. Da quanto tempo si ripete questa esortazione, e voglia il cielo che una buona volta venga ascoltata! Poiché il tempo è compiuto e «il regno di Dio è vicino, pentitevi e credete al vangelo»: cioè rinunziate alle opere morte e credete nel Dio vivente. A che giova credere senza le opere buone? Non è il merito delle opere buone che ci ha condotto alla fede; ma la fede comincia affinché le opere buone la seguano.

(Beda il Vener., In Evang. Marc., 1, 1, 14-15)

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2. Le esigenze della chiamata di Dio

"E camminando lungo il mare di Galilea, vide Simone e suo fratello Andrea che gettavano le reti in mare: infatti essi erano pescatori" (Mc 1,16). Simone, che non ancora si chiamava Pietro, perché non ancora aveva seguita la Pietra (cf. Es 17,5-6; 1Cor 10,4) tanto da meritarsi il nome di Pietro, Simone, dunque, e suo fratello Andrea, erano sulla riva e gettavano le reti in mare. La Scrittura non precisa se, dopo aver gettato le reti, presero dei pesci. Dice soltanto: «Vide Simone e suo fratello Andrea che gettavano le reti in mare: infatti essi erano pescatori». Il Vangelo riporta che essi gettavano le reti, ma non aggiunge che cosa presero con esse. Cioè, ripeto, prima della passione essi gettarono le reti, ma non sta scritto se catturarono dei pesci. Invece, dopo la passione, gettano le reti e prendono i pesci: tanti ne prendono che le reti si rompono (cf. Lc 5,6; Gv 1,11). Qui, invece, si dice soltanto che gettavano le reti, perché erano pescatori.
"E Gesù disse loro: «Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini»" (Mc 1,17). Oh, felice trasformazione della loro pesca! Gesù li pesca, affinché essi a loro volta peschino altri pescatori. Dapprima essi son fatti pesci, per poter essere pescati da Cristo: poi essi pescheranno altri. E Gesù dice loro: «Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini».
"E quelli, subito, abbandonate le reti, lo seguirono" (Mc 1,18). «Subito», dice Marco. La vera fede non conosce esitazioni: subito ode, subito crede, subito segue e subito fa diventare pescatore. E subito, dice Marco, «abbandonate le reti». Credo che con le reti essi abbiano abbandonato le passioni del mondo. «E lo seguirono»: non avrebbero infatti potuto seguire Gesù se si fossero portati dietro le reti, cioè i vizi terreni.
"E andato un poco avanti, vide Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, anch`essi nella barca che riattavano le reti" (Mc 1,19). Dicendo che riattavano le reti, si fa capire che esse erano rotte. Essi gettavano le reti in mare: ma poiché le reti erano rotte, non potevano prendere pesci. Aggiustavano, stando in mare, le reti: sedevano sul mare, cioè sedevano nella barca insieme al padre Zebedeo e riattavano le reti della legge. Abbiamo spiegato tutto questo secondo il suo significato spirituale. Essi aggiustavano le reti, ed erano nella barca. Erano nella barca, non sulla riva, non sulla terraferma: erano nella barca, che era scossa dai flutti del mare.
"E subito li chiamò: e quelli, lasciato il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni, lo seguirono" (Mc 1,20). Qualcuno potrebbe dire: Ma questa fede è troppo temeraria. Infatti, quali segni avevano visto, da quale maestà erano stati colpiti, da seguirlo subito dopo essere stati chiamati? Qui ci vien fatto capire che gli occhi di Gesù e il suo volto dovevano irradiare qualcosa di divino, tanto che con facilità si convertivano coloro che lo guardavano (cf. Mc 11,5). Gesù non dice nient'altro che «seguitemi», e quelli lo seguono. È chiaro che se lo avessero seguito senza ragione, non si sarebbe trattato di fede ma di temerarietà. Infatti, se il primo che passa dice a me, che sto qui seduto, vieni, seguimi, e io lo seguo, agisco forse per fede? Perché dico tutto questo? Perché la stessa parola del Signore aveva l'efficacia di un atto: qualunque cosa egli dicesse, la realizzava. Se infatti "egli disse e tutto fu fatto, egli comandò e tutto fu creato" (Sal 148,5), sicuramente, nello stesso modo, egli chiamò e subito essi lo seguirono.
«E subito li chiamò: e quelli subito, lasciato il loro padre Zebedeo...» ecc. "Ascolta, figlia, e guarda, e porgi il tuo orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre: il re desidera la tua bellezza" (Sal 44,11ss). Essi dunque lasciarono il loro padre nella barca. Ascolta, monaco, imita gli apostoli: ascolta la voce del Salvatore, e trascura la voce carnale del padre. Segui il vero Padre dell'anima e dello spirito, e abbandona il padre del corpo. Gli apostoli abbandonano il padre, abbandonano la barca, in un momento abbandonano ogni loro ricchezza: essi, cioè, abbandonano il mondo e le infinite ricchezze del mondo. Ripeto, abbandonarono tutto quanto avevano: Dio non tiene conto della grandezza delle ricchezze abbandonate, ma dell'animo di colui che le abbandona. Coloro che hanno abbandonato poco perché poco avevano, sono considerati come se avessero abbandonato moltissimo.
Lasciato il padre Zebedeo nella barca con i garzoni, gli apostoli dunque lo seguirono. È giunto ora il momento di spiegare ciò che prima abbiamo detto in modo oscuro, a proposito degli apostoli che aggiustavano le reti della legge. La rete era rotta, non poteva prendere i pesci, era stata corrosa dalla salsedine marina, ed essi non sarebbero mai stati in grado di ripararla se non fosse venuto il sangue di Gesù a rinnovarla completamente.

(Girolamo, Comment. in Marc., 1)

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3. L'ascolto della parola di Dio rende potenti interiormente

Un esame oculato e giudizioso della condotta degli apostoli di Gesù mostra che essi insegnavano il cristianesimo e riuscivano a sottomettere gli uomini alla parola di Dio per divina potenza. Non possedevano né eloquenza naturale né struttura di messaggio secondo i procedimenti dialettici e retorici dei Greci, che trascinavano gli uditori. Mi sembra, però, che se Gesù avesse scelto dei sapienti al cospetto della pubblica opinione, capaci di captare e di esprimere idee care alle folle, per farne i ministri del suo insegnamento, avrebbe senza alcun dubbio offerto il destro al sospetto di aver predicato seguendo un metodo consimile a quello di taluni capiscuola della filosofia, e il carattere divino della sua dottrina non sarebbe più apparso in tutta la sua evidenza. La sua dottrina e la sua predicazione sarebbero consistite in discorsi persuasivi per sapienza, stile e composizione letteraria. La nostra fede, pari a quella che si accorda alle dottrine di filosofi di questo mondo, riposerebbe sulla «sapienza degli uomini» e non sulla «potenza di Dio». Vedere invece predicatori e pubblicani senza neppure i primi rudimenti letterari - secondo la presentazione che ne fanno i Vangeli, e Celso li crede veritieri quanto alla loro carenza di cultura - tanto baldanzosi da predicare la fede di Gesù Cristo non solo ai Giudei, ma al resto del mondo e riuscirvi, come non chiedersi l'origine della loro potenza di persuasione? Essa, in effetti, non era quella che si aspettavano le folle, mentre rendeva ragione solo di questa parola: "Venite dietro di me, vi farò pescatori di uomini" (Mt 4,19), da Gesù realizzata con potenza divina nei suoi apostoli.
Anche Paolo, come ho detto altrove, la propone in questi termini: "La mia parola e il mio messaggio non si basano su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito Santo e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio" (1Cor 2,4-5). Infatti, secondo quanto è detto nelle profezie dei profeti che con la loro conoscenza anticipata annunciano la predicazione del Vangelo, "il Signore darà la sua parola ai messaggeri con una grande potenza, il re degli eserciti del beneamato" (Sal 67,12-13), affinché si adempia questa profezia: "Perché corra rapida la sua parola" (Sal 147,4).
E noi constatiamo, in effetti, che «la voce» degli apostoli di Gesù è giunta a tutta la terra, e le loro parole ai confini del mondo (Sal 18,5; Rm 10,18). Ecco perché sono ripieni di potenza coloro che ascoltano la parola di Dio annunciata con potenza, e la manifestano con la loro disposizione d'anima, con la loro condotta e la loro lotta fino alla morte per la verità (cf. Sir 4,28).

(Origene, Contra Cels., 1, 62)

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4. La sola penitenza non basta per la salvezza, occorre la carità

La salvezza eterna non è, in effetti, promessa solo in nome della semplice penitenza, della quale il beato apostolo Pietro dice: "Fate penitenza e convertitevi, affinché siano cancellati i vostri peccati" (At 3,19), o Giovanni Battista e successivamente lo stesso Signore: "Fate penitenza, perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 3,2); ma è del pari per l'effetto della carità che viene ricoperta la mole dei peccati: "la carità", infatti, "copre la moltitudine dei peccati" (1Pt 4,8).
Parallelamente, anche l'elemosina arreca rimedio alle nostre ferite, poiché, come l'acqua spegne il fuoco, così l'elemosina espia i peccati (Sir 3,29)

(Giovanni Cassiano, Collationes, 20, 8)

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5. Il Signore è il nostro specchio

Appuntate gli sguardi!
Il Signore è il nostro specchio;
aprite gli occhi e specchiatevi,
imparate i tratti del vostro volto!

Levate inni al suo spirito,
nettatevi il fango dal vostro sembiante!
Amate la sua santità e indossatela,
starete con lui senza macchia nei secoli.

Alleluja!

(Oda Salomonis, 13, 1-4)

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6. Convertiti e ti salverò

Dopo tali e così gravi colpe dell'orgoglio umano, iniziate con la ribellione di Adamo, dopo il castigo inflitto all'uomo e alla sua eredità di peccato, dopo la cacciata dal paradiso e la soggezione alla morte, Iddio maturò in sé, per così dire, quasi una rivincita della misericordia, e ne derivò come una sorta di pentimento, che lo indusse ad annullare la sentenza del primitivo sdegno, con l'impegno di perdonare la creatura fatta a sua immagine. Egli allora si formò un popolo e lo colmò dei doni ineffabili del suo amore; ma avendone dovuto tante volte constatare l'ostinata ingratitudine, non cessò di esortarlo a penitenza per bocca di tutti i profeti. E nel promettere la sua grazia, con la quale negli ultimi tempi avrebbe illuminato il mondo intero nella luce del suo Spirito, volle che questa fosse preceduta dalla immersione battesimale, perché tale segno di penitenza disponesse in anticipo gli animi di quanti avrebbe chiamato, nella graziabile promesse già fatte alla stirpe di Abramo.
Non tace Giovanni: «Convertitevi» esclama (Mt 3,2). Già infatti per I popoli SI avvicinava la salvezza; il Signore l'avrebbe portata secondo la promessa di Dio. Egli quindi la faceva precedere dalla penitenza che avrebbe purificate le anime spazzando via, cancellando e allontanando dal cuore dell'uomo ogni inquinamento del primo peccato e ogni macchia dovuta all'ignoranza, preparando così all'avvento dello Spirito Santo un'abitazione monda, nella quale potesse prendere dimora con i suoi doni celesti. Di tutti, questi beni uno solo è il motivo: la salvezza dell'uomo, dopo aver cancellato I peccati del passato; questa è la ragione della penitenza, questo il suo compito, che facilitando il piano della misericordia divina, giova all'uomo ed è gradita a Dio.
Colui che stabilì il giudizio e la pena per tutte le colpe della carne o dello spirito, dell'opera o dell'intenzione, promise anche il perdono per mezzo della penitenza, dicendo al popolo: pentiti e ti salverò. E ancora: «Com'è vero ch'io vivo - oracolo del Signore Dio - io non godo della morte dell'empio, ma che l'empio desista dalla sua condotta e viva» (Ez 33,11).
La penitenza dunque è vita che ti viene offerta al posto della morte. E tu,peccatore come me, anzi meno di me - io infatti so di esserlo più di te - su abbracciala, attaccati a lei, con lo slancio e la fiducia con cui il naufrago si aggrappa a una tavola! Essa ti solleverà quando sarai sommerso nei flutti dei peccati e ti condurrà al porto della divina clemenza. Afferra l'occasione di una fortuna insperata, perché tu, che davanti al Signore eri niente, goccia in un secchio, polvere della piazza,creta di vasaio,tu possa diventare albero, quell'«albero piantato lungo corsi d'acqua» dalle foglie sempre verdi, «che dà frutto a suo tempo» (Sal 1,3) e non conosce né fuoco né scure.

(Dalle «Opere cattoliche» di Tertulliano, sacerdote)



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